Per un'antropologia inattuale by Francesco Remotti
							
							
							
							
							autore:Francesco Remotti [Remotti, Francesco]
							
							
							
							La lingua: ita
							
							
							
							Format: epub
							
							
							
																				
							
							
							
							
							
							
							pubblicato: 2017-02-19T16:00:00+00:00
							
							
							
							
							
							
6. A favore della strategia «B»: le reti di connessioni
La strategia «B» può però essere formulata in altra maniera rispetto allo strutturalismo di Lévi-Strauss. Per quanto mi riguarda, ho provato a percorrere una strada diversa, che fa propria l’idea della trasversalità e che la mantiene a tal punto da non chiudere mai le procedure di attraversamento: ovvero le generalizzazioni ci sono, ma sono sempre soltanto provvisorie e parziali. La trasversalità, quale ho cercato di formulare in Noi, primitivi (Remotti 20092), si combina infatti all’idea dell’incompletezza. Ludwig Wittgenstein è il filosofo che ci viene in soccorso in questo frangente. Ma non è il filosofo delle «forme di vita», a cui di solito gli antropologi si rivolgono; è invece il filosofo delle «somiglianze di famiglia», a cui purtroppo gli antropologi hanno fatto ricorso (come nel caso di Rodney Needham e di Dan Sperber) solo per dimostrare l’inconsistenza e la vaghezza dei concetti in uso in antropologia.
Le somiglianze di famiglia hanno invece un altro pregio, quello di far vedere come si formano i concetti attraverso la legatura dei casi: non utilizzando un unico criterio, ma un certo numero di criteri. Anche se Wittgenstein non aveva in mente – vi è da supporre – il modo di procedere dell’antropologia, la sua teoria delle somiglianze di famiglia è particolarmente illuminante per la pratica della trasversalità inter-culturale. Wittgenstein in fondo ci insegna a tentare le nostre generalizzazioni, ben sapendo che non saranno mai complete: il che vuol dire che ci sarà sempre spazio per altri antropologi, i quali svolgeranno altro filo, collegheranno altri casi, e così facendo modificheranno i concetti di partenza. Gli antropologi così non dovranno dire in una botta sola che cosa sia, per esempio, «la» famiglia o «lo» Stato; devono avere però una «loro» teoria sulla famiglia, sullo Stato o sulla proprietà privata: una teoria che si innalza un po’ in verticale (astrazione) e che tuttavia si snoda soprattutto in orizzontale, una teoria fatta di attraversamenti di casi (non dunque una sfilza di casi, ma operazioni accurate di attraversamento di casi), una teoria che per un verso si complessifica, ma per l’altro verso riduce la complessità, al fine di poter essere formulata, esposta, comunicata. Sono accordi e convenzioni – più in generale sono i paradigmi di Thomas Kuhn – i meccanismi di riduzione della complessità. Grazie alle loro esperienze di campo, gli antropologi giustamente fanno vedere – per citare ancora Pavanello (2010: xii) – «la complessità dei processi sociali» e per giunta «nella loro dimensione storica». Ma devono poi acconciarsi a pagare il prezzo di una qualche astrazione (cioè riduzione di complessità) al fine di:
a) rendere comunicabili i risultati delle proprie ricerche;
b) praticare la trasversalità inter-culturale;
c) consentire una qualche cumulatività del loro sapere.
Anche su questo punto è bene che gli antropologi riflettano dopo l’ubriacatura post-modernista. Parlare di cumulatività dei risultati non significa affatto ripristinare il mito del progresso unilineare e unidirezionale della scienza. Significa però riconoscere che anche l’antropologia è un sapere in cui si realizzano «progressi», in cui ci si sforza di
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